Ciao a tutti, oggi vogliamo farvi un regalo, il primo di una serie.
Non è un regalo materiale, non potrete metterlo in bella vista su un mobile, né usarlo a mo' di zeppa per sistemare un tavolo traballante. Però in compenso non invecchia, non si rovina e potete regalarlo ad altri senza perderlo voi stessi...
Va detto che anche se lo pubblichiamo qui non è proprio un regalo nostro: una delle nostre adottanti ci ha permesso di usare materiale da lei scritto e pubblicato.
Parole, sì. Ancora parole.
Ma le parole sono cibo per la mente, specie quando vengono dal cuore e puntano dritte all'anima.
Una breve descrizione dell'autrice e poi... al regalo!
Nick era un cane obbediente.
Lo avevano preso da cucciolo ed aveva avuto una
vita molto felice.
La sua famiglia lo coccolava, lo faceva giocare e
lo portava a fare lunghe corse nei boschi.
Di giorno se ne stava in giardino a cercare di
acchiappare mosche e farfalle, poi, nel pomeriggio, quando i bambini tornavano
da scuola e finivano i compiti, giocava con loro a palla o a farsi la doccia
con la canna per innaffiare i fiori. La sera mangiava una ciotola di ottima
pappa fatta in casa e si addormentava sul letto di mamma e papà, sognando di
rotolarsi nell'erba fresca del giorno dopo.
Insomma, da cucciolo Nick aveva vissuto una vita
beata, non aveva dovuto pensare a nulla, solo a divertirsi e a fare il bravo:
facevano tutto i suoi padroni per lui, ma proprio tutto tutto e lui non
chiedeva altro.
Poi le sue zampe si erano allungate, i denti
erano diventati piuttosto aguzzi e la coda folta, di un pelo morbido e
grigiastro.
“Sembra un lupo” aveva detto un giorno il bambino
più piccolo e la mamma se lo era tirato più vicino guardandolo con occhi
improvvisamente diversi, spaventati.
Nick era corso verso di loro, certo di ricevere
una bella grattata dietro le orecchie e aveva scodinzolato vigorosamente.
“Fermo” aveva gridato la mamma, allungando una mano. “Fermo e buono”.
Nick si era arrestato: certo che sarebbe stato
buono, che frase era? Non si era mai sognato di non essere bravo!
Aveva mosso ancora più forte la lunga coda
pelosa, magari un po' troppo forte perché ancora non era abituato a quella
“cosa” che gli era cresciuta così in fretta e non la controllava bene. E per
questo perse un tantino l'equilibrio, barcollò verso destra e calpestò la bella
aiuola di tulipani.
“Ma cosa hai fatto?” si spazientì la mamma alzando
la voce. “Guarda che disastro”.
Il bambino iniziò a piangere per il tono della
voce della mamma e Nick abbassò la testona mortificato. Fermò la coda e non
capiva cosa fosse quella nuvola nera che, improvvisamente, si era addensata sul
suo cuore, come un groviglio di lana scura, che però pesava come un masso.
Non capiva... ma si fidava, perchè di certo c’era
una spiegazione a quella brutta
nuvola...
Il giorno dopo era domenica.
Il papà arrivò con martello e assi di legno,
guardò Nick e scosse la testa: ”Sei cresciuto caro mio“ disse “Chissà che
combinerai!”
Poi si mise a tagliare, inchiodare, martellare,
piantare ed in men che non si dica aveva costruito una gabbia.
Nick se ne stava in disparte, lanciava occhiate
alla finestra, dietro la quale lo fissava il bambino piccolo e sperava che
uscisse a giocare.
Ma lui non lo fece.
E la nuvola nera diventava sempre più grossa, la
lana scura stringeva forte il cuore ed il petto pareva schiacciato.
Nick non si riconosceva più: lo sapeva di non
essere più la buffa palla di pelo che rotolava in giardino e sentiva che la sua
voce si era fatta potente e profonda. A volte, quando abbaiava alle farfalle si
spaventava da solo! E quelle gambe troppo lunghe e troppo magre, quella coda
così folta che perdeva anche pelo dappertutto... no, decisamente non si
riconosceva più.
Non sapeva se si piacesse di più o di meno e
contava che qualcuno, fra quegli umani che gli volevano bene da sempre glielo
avrebbe spiegato, rassicurandolo sul suo aspetto e soprattutto sul suo cuore.
Lui sapeva di essere ancora buono come prima,
anzi forse persino di più, ma non sapeva ancora come fare a mostrarlo agli
altri.
La sua famiglia lo guardava con occhi diversi, ma
come poteva far loro capire che non gli avrebbe fatto del male? Che la storia
dei tulipani era stato un incidente e che, forse sì somigliava ad un lupo, ma
era sempre lui, Nick, il loro cane giocherellone.
Forse avrebbero dovuto insegnargli ad usare
quella brutta coda e a mostrare i denti per sorridere e non per ringhiare...
così, come gli avevano insegnato a giocare a palla e ad addormentarsi sul
lettone, senza cadere di lato ogni volta.
Forse avrebbero potuto mandare via la nuvola
nera, sbrogliare quella matassa che lo soffocava e liberare il suo petto dal
masso pesante...
Forse ci stavano pensando...
Illustrazione di Francesco Marazia |
Ma il papà costruì una gabbia, lo fece entrare e
chiuse la porta.
“Stai qui ora Nick. Meglio così. E' per il tuo
bene. Per il bene di tutti”.
E Nick non si mosse più da lì, perché così gli
avevano detto e poi perché il masso nel petto era diventato davvero, davvero
troppo pesante da portare in giro.